Tassi alti più a lungo e petrolio più caro, ma maggior fiducia e servizi in espansione.

Ampio il divario di inflazione Italia-Eurozona, si allungano i tempi per il taglio dei tassi di interesse.

Investimenti: nella seconda metà dell’anno è atteso meno freno dal credito ma ora è urgente accelerare sul PNRR. In Italia, per il lavoro gli indicatori sono in miglioramento, per i consumi finora ci sono segnali misti. I servizi trainano, per l’industria sembra avvicinarsi lo stop al calo, l’export è in ripresa ma tra nuovi rischi. Stagnazione nell’Area euro, negli USA segnali di frenata, mentre la Cina è in espansione.

In dettaglio:

  • Inflazione: ampio il divario Italia-Eurozona. L’inflazione italiana è risalita di poco a gennaio (+0,8% annuo, da +0,6%), per un “effetto base” avverso sui prezzi energetici. È cresciuta anche in Spagna (+3,5% da 3,3%), diminuita in Germania (+3,1% da 3,8%) e Francia (+3,4% da 4,1%): nella media Eurozona è scesa appena a +2,8% da 2,9% a dicembre. Il divario Italia-Eurozona è ampio, spiegato da: prezzi energetici che calano di più in Italia (-21,2%) dove erano saliti di più, rispetto all’Europa (-6,3%); prezzi core di beni e servizi, che in Italia hanno già frenato al +2,5%, mentre nell’Area restano al +3,3%.
  • Si allungano i tempi per il taglio dei tassi. Le attese dei mercati sui tassi di interesse restano al ribasso, ma segnalano che la lenta decelerazione dei prezzi potrebbe indurre un ritardo: i future avevano previsto i tassi FED e BCE fermi a gennaio (5,50% e 4,50%), ma ora il primo taglio è atteso per maggio, non più per marzo-aprile. I tassi sovrani ne hanno risentito poco: il BTP italiano a febbraio è salito a 3,87% (da 3,65%), il Bund a 2,27% (da 2,19), lo spread è a 161 punti (da 146).
  • Lavoro: indicatori in miglioramento. A dicembre 2023 il tasso di occupazione è salito al 61,9% (dal 59% di fine 2019), quello di attività al 66,8% (dal 65,5%), mentre la disoccupazione è scesa al 7,2% (dal 9,7%). L’espansione dell’occupazione ha perso slancio a novembre-dicembre, ed è ora legata a doppio filo all’andamento dell’attività economica. Il recupero del potere di acquisto dei salari, iniziato dalla primavera 2023, è atteso in rafforzamento nel 2024 e, solo in parte, sosterrà i consumi delle famiglie.
  • Consumi: finora segnali misti. Le vendite al dettaglio sono scese a dicembre (-0,5%, ma +0,1% sui 3 mesi), ma a gennaio è risalita la fiducia delle famiglie e delle imprese del commercio. Si va esaurendo il finanziamento dei consumi con il risparmio, che anzi verrà ricostituito grazie all’aumento del reddito reale. Negativi i giudizi sull’opportunità di acquisto di beni durevoli, a causa dei tassi alti.
  • I servizi trainano. A dicembre RTT (CSC-TeamSystem) ha indicato un netto recupero dell’attività nei servizi (+2,7%) e a gennaio l’HCOB PMI conferma che il settore è tornato a crescere (51,2 da 49,8). Anche la fiducia continua a salire a inizio anno, specie nei trasporti e nei servizi alle imprese.
  • Industria: fine del calo? La produzione a dicembre ha recuperato in parte (+1,1%, dopo -1,3% a novembre). Nel 4° trimestre è in calo di -0,5% e l’ampio decumulo di scorte in atto spiega l’aumento (altalenante) di fatturato segnalato da RTT. A gennaio, l’HCOB PMI è salito ancora (48,5 da 45,3) segnalando che il calo si attenua, in linea con il recupero della fiducia delle imprese (che resta bassa) e le attese di una produzione in via di stabilizzazione indicate dalle imprese nell’indagine rapida CSC.
  • Export in ripresa tra nuovi rischi. In risalita l’export di beni a dicembre: +1,3% a prezzi costanti (+1,8% nel 4°, -1,8% nel 2023) sia extra-UE che UE. Migliorano le prospettive a inizio 2024 secondo gli ordini esteri, in un contesto ancora debole. Resta la tensione nel Mar Rosso, che ha provocato un allungamento delle tratte (-66% annuo i volumi per lo stretto di Bab el-Mandeb a febbraio, +73% sotto il Capo di Buona Speranza) e un balzo dei noli (+170% quelli mondiali a metà febbraio su fine novembre, fonte Drewry), che impatterà sui prezzi all’import (+5% per un +100% prolungato, stime Ocse).
  • Stagnazione nell’Area euro. Nel 4° trimestre l’Eurozona ha registrato un andamento stagnante (PIL +0,03%, dopo -0,1% nel 3°); la dinamica tendenziale è appena positiva (+0,1% da zero). A inizio 2024 si rileva un lieve miglioramento della fiducia (indice ESI a 96,2 a gennaio, da 94,9), sebbene molto sotto i livelli di inizio 2022. Prosegue invece il calo delle aspettative sull’occupazione (EEI a 102,5 da 103,2).
  • USA: segnali di frenata. La produzione industriale USA a gennaio ha perso terreno (-0,1%), dopo aver chiuso il 2023 con un recupero modesto (+0,3% a novembre-dicembre ma -0,6% nel 4° trimestre). Nella manifattura, il PMI aveva segnalato un miglioramento a inizio anno (a 50,7), mentre l’ISM pur salendo rimane in zona recessiva (a 49,1). Invece, gli investimenti residenziali hanno rallentato nel 4° trimestre: dato il permanere di tassi elevati, anche la domanda di abitazioni sembra essersi infine raffreddata.
  • Cina in espansione. In Cina la crescita sopra le attese per il 2023 (+5,2%) rende migliori le prospettive per il 2024 (rialzate di 4 decimi dal FMI). Restano i rischi legati alle debolezze del settore immobiliare che, però, potrebbero non costituire un freno alla crescita. La manifattura resta in fase espansiva da tre mesi e prevale l’ottimismo tra gli imprenditori per il 2024.

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